La cosa più importante non è fare delle cose per i poveri, ma di entrare in rapporto con loro, di aiutarli a trovar fiducia in loro stessi e scoprire i propri doni.” Questo è Jean Vanier, quella persona straordinaria che ho incontrato una sola volta, per un solo pomeriggio quando, sapendo che era a Roma, lo volli al Seminario Romano per farlo conoscere ai miei seminaristi che ne rimasero segnati. Era nato il 10 settembre 1928.
Suo padre era ambasciatore del Canada a Parigi e sua Madre delegata della Croce Rossa, Jean partecipa all’accoglienza dei sopravvissuti dai campi di concentramento a Parigi. Rimase profondamente segnato. Suo Padre divenne governatore generale del Canada e Jean lasciò la marina a ventitré anni “per seguire Gesù ed operare per la pace.” Nel 1964, a trentasei anni, scopre il mondo dell’handicap e invita due persone portatrici di handicap intellettuale a vivere con lui in un piccola casa che ribattezza l”Arca”. Condividono una vita quotidiana semplice , fatta di accoglienza e di amicizia. La piccola casa dell’”Arca”si rivelò troppo piccola per accogliere tutte le persone volontarie sensibililizzate dalla Sue conferenze e dalla persone Handicappate desiderose di uscire dalle strutture troppo pesanti. I “foyeres” si moltiplicarono in Francia , in Canada, in tutto il mondo. sui cinque continenti. L”Arche “ è oggi una federazione di 154 Comunità, in 38 paesi. Insieme a Marie-Elene Mathieu nel 1971 ha anche fondato “Foi et Lumiere”, una organizzazione che riunisce ogni mese persone in situazione di handicap intellettuale, le loro famiglie, i loro amici. Oggi esistono 1450 gruppi, in 85 paesi.
Cosa mi ha insegnato Jean Vanier?
Durante quell’incontro al Seminario Romano ci dimostrò che gli anormali non erano i portatori di handicap intellettuali, ma noi perché soltanto loro capiscono l’unico linguaggio vero : quello dell’Amore. Il linguaggio senza amore non comunica e se non comunica che linguaggio è? Fantastico! Grazie Jean Vanier, degno del Nobel della comunicazione.