L’esortazione apostolica di Papa Francesco “Gaudete et exultate” era proprio attesa. Il messaggio principale del vaticano II è “La vocazione universale alla Santità” che rappresenta la base su cui si articola tutto il resto, eppure è stato celebrato il cinquantesimo anniversario di quel Concilio e con stupore ho notato che nessuno ha sottolineato che quella che era la base dell’uguaglianza reale di tutti i figli di Dio: la possibilità di diventare tutti santi.
Prima non era così. Fino al terzo secolo santi erano considerati soltanto i martiri, dopo furono riconosciuti anche i monaci, con San Francesco anche i frati e con Sant’Ignazio anche i religiosi. I preti diocesani potevano santificarsi cercando di imitare i monaci o i frati. Basta pensare che il patrono dei parroci , Il Curato d’Ars, cercò di scappare dalla parrocchia per andare in certosa a farsi santo. Per gli sposati non c’era nessuna possibilità. Due erano le strade della santità: il martirio o il celibato. Il Vaticano II dice “Tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, ad una santità la cui perfezione è quella del Padre Celeste” (L G 11)
Proclamiamo nella Messa che uno solo è il Santo: “Tu solo il Santo, tu solo il Signore, Tu solo L’altissimo Gesù Cristo”e si diventa Santi soltanto vivendo uniti a Lui, condividendo la sua vita come un tralcio unito alla vita e in conseguenza comportandosi come Lui.
IL Papa nella sua esortazione apostolica ci dice “Dio ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di una esistenza mediocre, annacquata, inconsistente” e alla domanda come si fa per essere buoni cristiani risponde “fare quello che Gesù dice nel discorso delle beatitudini”. Chi vive delle beatitudini si dice “Beato” che è sinonimo di Santo, perché è la persona fedele a Dio. Le beatitudini, però, non sono un trattato di morale o una norma di comportamento ma la descrizione della vita di Gesù. Quando Gesù le pronuncia è autobiografico per cui vivere le beatitudini vuol dire vivere in comunione con Gesù che ci concede la grazia di imitarlo perché lo ha detto chiaramente “Senza di me non potete far niente”, tanto meno farsi santi.
Ecco perché il Papa dice “Non credo alla santità senza preghiera” perché non ci si fa santi da se, ma è Dio che ci santifica trasformandoci in Cristo e a noi il dovere di “Non addomesticare il volto di Cristo”. In questa enciclica c’è il segreto per cambiare il mondo: che ciascuno senta la sua vocazione alla santità, che cioè abbia davanti a se soltanto un ideale, un modello, una immagine da imitare: Cristo Gesù che il Padre ci ha dato per camminare nella luce.
Diversi anni fa mi trovavo in una abbazia per la festa di Tutti i Santi e fu esposto un bellissimo graduale miniato. Fu grande il mio stupore quando nella prima lettera dell’ufficio della Solennità, anziché esserci rappresentato il Paradiso, c’era un grande volto di Cristo. Un monaco che notò il mio stupore mi spiegò che quello è il volto di tutti i santi. Tutti i santi hanno il volto di Cristo.