Padre, è peccato non andare a votare? Ecco una domanda posta male. Una domanda da morale dei carabinieri: “Padre se non vado a votare faccio peccato veniale o mortale, cioè quant’è la contravvenzione?” . I peccati non si fanno con la legge ma con la coscienza. Quando arriveremo di là il Padre Eterno non ci farà l’esame sulla morale cattolica ma l’esame di coscienza, della nostra coscienza , e anche votare è un problema di coscienza, di coscienza civica , quindi di vera responsabilità morale. Ogni cittadino ha la responsabilità morale di sentirsi protagonista nella guida della società e questa responsabilità la esercita soprattutto attraverso le elezioni al parlamento o agli organi intermedi.
Parlare in piena campagna elettorale di esercitare questa responsabilità è come trovarsi al supermercato e pretendere di scegliere con serenità il prodotto migliore. Ecco perché la responsabilità politica non si può esercitare soltanto in prossimità delle elezioni ma va esercitata con l’attenzione continua a coloro che ci governano, soprattutto alle scelte di coloro che abbiamo votato.
Chi votare? Guardare all’uomo e alla sua storia. Non può non stupire il fatto che centinaia di parlamentari abbiano cambiato schieramento politico nell’ultima legislatura. Ma questi signori vogliono davvero il bene comune o la propria stabilità personale al posto in parlamento? E le scelte che hanno fatto o appoggiato sono conformi alla verità e alla fede per cui li abbiamo votati? Nessuno può dimenticare di essere un rappresentante di un popolo senza credersi interprete libero di un’idea che non corrisponde a chi lo ha eletto. La verità è oggettiva, non è costruita e fatta dalla propaganda e neppure dalla maggioranza. Non siamo in uno stato confessionale e non esiste un partito cattolico ma esistono i cattolici in tutti i partiti e a loro, più che a tutti gli altri è richiesto di scegliere secondo coscienza nella verità.
Per chi votare? Per chi ha dato prova di maturità e fedeltà agli impegni presi. E credo che al primo posto sia da mettere la vita personale e familiare: come può essere fedele chi è venuto meno alla fedeltà alla propria famiglia? Come può amministrare onestamente la cosa pubblica chi non ha saputo farlo nella cosa privata? Ma soprattutto in questa corsa forsennata alle candidature cercar di rendersi davvero conto chi lo fa per amor proprio o per ambizione e chi invece lo fa con spirito di servizio. La domanda chiave per la verifica credo sia questa: Ama gli altri più di se stesso? Potrebbe sembrare un’utopia, è invece il criterio evangelico che son chiamati ad attuare coloro che desiderano chiamarsi “ministri”, cioè servi.
Non andare a votare è peccato? E’ sicuramente una grave omissione disinteressarsi della casa comune.