Nell’avventura che stiamo vivendo questi giorni si nota una certa sproporzione tra fede e medicina. Si aprono ospedali e si creano posti letto anche sotto le tende e si chiudono le chiese. Si richiamano in servizio medici e infermieri e si proibiscono le celebrazioni religiose.
Per quest’ultime si fanno addirittura comunicati affrettati come quello in cui si comunica che si celebrerà la Pasqua “senza fedeli” come se la presenza dei fedeli fosse soltanto quella fisica e non quella mistica che è ancora più importante. Si rileggono con ammirazione le pagine della peste del Manzoni e si vede il Papa che da solo venera la Madonna che, portata in processione come il Crocifisso di San Marcello, al loro passaggio terminava la peste. E’ naturale chiedersi cosa è cambiato: Dio o noi? Quella là era fede o superstizione? Son certo che se il Papa, anziché con la sola televisione, avesse indetto una processione per tutti i romani assicurando loro la guarigione, non ci sarebbe stato ministro degli interni che avrebbe fermato la folla. E allora perché non lo ha fatto? Credo che sia necessario chiarirci le idee sul rapporto tra fede e medicina. Dai tempi della peste non è cambiato niente è soltanto cresciuta la fede e la medicina. Eccoci. La fede si manifesta attraverso la preghiera e ogni uomo ha un raggio di fede che lo spinge a guardare a Dio nei momenti della prova. I benpensanti direbbero: ma che fede è quella di coloro che si rivolgono a Dio soltanto quando si trovano in necessità? Risposta: esistono momenti in cui l’uomo non si trova in necessità? L’uomo, anche quando non se ne accorge ha sempre bisogno di Dio. La preghiera è l’atteggiamento fondamentale dell’uomo nei confronti di Dio, è Dio che glielo ha messo dentro perchè vuole essere vicino all’uomo soprattutto quando è in necessità. Dio è amico degli uomini. E Dio ascolta ogni preghiera che gli rivolgiamo, non c’è palpito del nostro cuore che Dio non lo senta perché siamo abitati da Lui, Dio abita il nostro cuore, Dio è con noi sempre. Non soltanto ci ascolta ma anche ci esaudisce ad una condizione: che le nostre preghiere corrispondano al Padre Nostro, che cioè siano secondo la sua volontà e il nostro vero bene. Mi è capitato spesso di ringraziare Dio di non avermi esaudito. Chiedere con insistenza e costanza come la vedova del vangelo che il giudice iniquo esaudì per togliersela di torno. Santa Teresa ci racconta che dopo aver chiesto con insistenza il necessario per fondare un Carmelo a Siviglia non arrivava niente ma lei non si scoraggiava e continuava a chiedere con preghiere, digiuni e veglie tanto che Gesù le apparve e le disse “Teresa ho capito, ma dammi tempo”. Certamente ci sono anche i tempi di Dio da rispettare. Gesù ci ha detto che quando preghiamo non dobbiamo fare come i pagani che credono di essere esauditi con lunghe preghiere “perché il Padre vostro celeste sa di che cosa avete bisogno”. E’ vero, ma la condizione per essere esauditi da Dio è quella di essere poveri perché Dio non spreca i suoi beni con i ricchi, e la preghiera è la massima espressione della povertà, solo il povero chiede, si fa mendico. Qui ci siamo. L’attuale situazione che viviamo ci vede tutti poveri, finalmente i denari non contano niente perché non esistono ancora le medicine da comprare e allora si tratta soltanto di mostrare al Signore la nostra povertà e invocare il suo aiuto e siamo certi che Lui si compiacerà di ascoltarci. La pandemia ha messo l’umanità in uno stato di autentica povertà, tocca ai cristiani di trasformarla in preghiera. Le forme di preghiera sono cambiate perché è cresciuta la medicina che ci ha detto che si tratta di un virus e che il pericolo maggiore è quello del contagio per cui si deve pregare ma preferire la preghiera personale, proprio quella che Gesù ci ha raccomandato all’inizio della quaresima “Quando pregate entrate nella vostra stanza e il Padre vostro che vede nel segreto vi ascolterà”. Certo se Dio intervenisse direttamente e subito facendo guarire tutti in un momento forse, ma non son certo, ci sarebbe un risveglio della fede. Invece non opera così. Ho pensato spesso a P. Pio da Pietralcina, ora Santo, che faceva i miracoli guarendo da tumori ed altri mali ma nello stesso tempo ha anche fatto costruire, con le offerte dei suoi devoti, il più grande ospedale della Puglia. Si vede che anche i santi hanno pochi miracoli a disposizione e la strada che segue il Signore non è quella. E’ certo che come è stato trovato un rimedio per le altre malattie lo si troverà anche per il coronavirus e Dio sa bene qual’è e dove è. Per questo è necessario pregare perché lo Spirito Santo illumini, guidi la ricerca di questi nostri fratelli a trovare nella profondità della natura la soluzione per combattere questo virus. Siamo nelle mani di Dio. Il Padre ci vede soffrire come ha visto suo Figlio sulla Croce, ci sostiene in questo momento di prova e ascolta le preghiere che rivolgiamo a Lui. Certamente uno dei modi per collaborare alla fine della prova è quello di pregare, di mostrare a Lui la nostra povertà ed esprimergli la nostra fiducia con la sicurezza che “chi spera in Lui non resta deluso”.