Essere figlio di Dio significa diventare fratello di tutti gli uomini, entrare nella grande famiglia della chiesa in cui attendiamo tutti gli altri fratelli destinati a tornare a casa.
Il bello della nostra condizione è che ciascuno può dire “Dio mio e mio tutto” e nello stesso tempo “Padre nostro”. Dio è tutto di ciascuno, Dio non si divide, ciascuno è figlio prediletto.
In questi giorni di pandemia è particolarmente importante richiamarci questa verità: facciamo parte di una grande famiglia indivisa a cui tutti partecipano agli stessi diritti e allo stesso onore.
Ogni prete che celebra la Messa la dice per se e “per tutti” sia che abbia una chiesa piena o una cattedrale web , come la mia, sia il monaco certosino che celebra nella solitudine , sia il Papa che celebra in Piazza San Pietro. Quello che abbiamo letto questi giorni che le celebrazioni della settimana santa “saranno celebrate senza fedeli” ignora una delle fondamentali verità della nostra fede: il corpo mistico di Cristo, siamo un solo corpo in cui tutto è personale ma niente è privato, nessun prete è solo quando celebra la Messa, la presenza mistica del popolo di Dio vale più di quella fisica.
La famiglia dei figli di Dio non è composta soltanto dei fedeli pellegrini sulla terra ma anche di quelli che hanno già raggiunto il cielo, i santi. Siamo “concittadini dei santi e familiari di Dio”. I santi sono e rimangono sempre nostri fratelli che ci illuminano col loro esempio e ci sostengono con la loro preghiera. Tra noi e loro c’è comunione di vita, c’è partecipazione di interesse c’è condivisione. Il Paradiso è vicino non lontano. Posso assicurarvi che credere che i miei santi genitori, perché i nostri genitori son tutti santi, sono interessati ancora a me, mia mamma parla di me alla Madonna, mio padre prega per me come faceva quando era quaggiù, non è indifferente, anzi son certo che come mi hanno preparato una famiglia in terra mi stanno tenendo un posto in cielo per quando arriverò.
Ho ancora vivo il ricordo di un giovane che dopo aver fatto il funerale di sua madre, in cui avevo parlato della vita eterna e della comunione dei santi, venne in sacrestia a ringraziarmi e anche a precisare che alla fine avevo detto una cosa non vera “riposi in pace”. Le posso assicurare, mi disse, che quando è arrivata mamma in Paradiso è finita la pace anche lassù, a quest’ora ha già parlato a tutti di me e chiesto raccomandazioni a tutti i santi. Aveva ragione, i santi vedendo Dio non si dimenticano di noi.
Con questa fede celebriamo quest’anno la festa di uno dei santi più grandi: San Giuseppe, sposo di Maria e Padre Putativo di Gesù.
Anche per i santi ciascuno ha le sue simpatie e certamente ci si rivolge a quelli che crediamo più interessati a noi. San Giuseppe è sicuramente quello a cui i santi , quando erano tra noi, si sono rivolti per le loro necessità. Cito soltanto Santa Teresa di Avila che ha detto di aver sempre ricevuto ciò che aveva chiesto a San Giuseppe, lo stesso Don Bosco e ultimamente la Madre Teresa di Calcutta che si rivolgeva a San Giuseppe anche per le cose minime di cui aveva bisogno e le otteneva. Il santo non è un talismano o un portafortuna ma un intercessore presso di Dio. Parlare di miracoli oggi sembra di raccontare favole edificanti di altri tempi invece non è vero: Dio opera i miracoli anche oggi e lo fa ascoltando la preghiera di questi nostri fratelli maggiori. Come vedete i santi di oggi chiedevano le grazie ai santi di prima. Perché? Perché Dio non interviene direttamente ma si serve di questi intermediari? Perché nel rapporto con Dio è in gioco la fede. Gesù stesso quando faceva i miracoli diceva : “la tua fede ti ha salvato”, ciò che ci lega ai santi è fede in Dio: ci aggrappiamo alla loro fede perché la nostra è povera e con la loro siamo graditi a Dio per ottenere quanto abbiamo bisogno. Personalmente mi sento in dovere di testimoniare che San Giuseppe, di cui ringrazio Dio di portare il nome, è davvero un grande intercessore presso Dio e se i legami familiari valgono anche nella vita eterna nessuno è più vicino a Gesù e a Maria di Lui.
E’ straordinario pensare a quest’uomo completamente a servizio di Dio senza mai fare la minima obiezione alla Sue scelte. Si è trovato nelle situazioni più strane: la fidanzata attende un bambino senza che lui ne sappia niente, riceve ordini di fare da padre, di mettergli il nome che gli viene indicato e pur sapendo che era Figlio di Dio non trovare un luogo decente in cui farlo nascere. Fugge in Egitto per sottrarlo ad Erode e poi lo educa nella sua bottega di falegname. Addirittura il Figlio di Dio sarà chiamato “Il Figlio del Falegname”. Quando poi non serve più, la sua missione è finita, lascia questa terra assistito da Gesù e da Maria.
E’ anche il patrono di tutti i padri e mio padre gli assomigliava moltissimo ed ero felice di essere indicato come “il Figlio del marmista”.
In questa pandemia ci siamo affidati a San Giuseppe, lo abbiamo fatto con la novena di preparazione alla sua Festa e oggi rinnoviamo la nostra fiducia in Lui affidandoci alla sua intercessione presso Maria e Gesù sicuri che ci aiuterà a portare questa Croce da cui ci farà risorgere perché “dalla, croce non si scende, si risorge”