“Giunti sul luogo detto Golgota, gli diedero da bere del vino mischiato con fiele; ma assaggiatolo non volle bere… e divisero le sue vesti tirandole a sorte” (Mc 15,24).
Davanti a tutti fu spogliato e apparve il suo corpo sanguinante per le piaghe della flagellazione.
Questo momento della Via Crucis esprime più di ogni altro il progressivo spogliamento di noi stessi che è il processo della nostra vita. Durante la fanciullezza e la giovinezza il nostro corpo risplende di energie e di bellezza poi lentamente viene privato di tutto, lentamente, fino alla fine. Prima cede la vista e sono necessari gli occhiali, poi l’udito e serve un apparecchio per sentire; quindi i vari sistemi, quello circolatorio, quello idraulico e poi anche il sistema osseo, che impone dolorosi interventi per ritardare la dipendenza dagli altri. Anche moralmente e socialmente si riducono i contatti e le amicizie, alle persone per cui eravamo utili diventiamo dipendenti.
Il primo periodo della pandemia gli anziani sono apparsi come una categoria la cui morte non preoccupava, rientravano nel numero della casualità.
Questo progressivo spogliamento dai nostri beni materiali, sociali, affettivi produce la solitudine che è stata la prova più compianta per i nostri fratelli vittime della malattia che hanno dovuto vivere da soli e morire senza una lacrima né un fiore.
Gesù ci insegna tutto questo lasciandosi spogliare e lasciando che le sue vesti venissero tirate a sorte come ricompensa del lavoro dell’esecuzione del condannato.
Lo spettacolo può essere spaventoso e triste: Gesù ci ha preceduto anche per insegnarci il modo e lo spirito con cui viverlo.