E’ un anno che combattiamo col Coronavirus e ancora siamo in piena guerra. Guardando indietro è facile ricordare i primi momenti di smarrimento e, permettetemi, stupirci della nostra poca fede che, anziché aprire notte e giorno le chiese, queste vennero chiuse; anche se poi riaperte, ma senza la possibilità di pregare insieme. Ci fu addirittura una reazione di euforia (mentre i camion dei militari portavano le salme dei nostri cari alla cremazione!!!), per farsi coraggio ci si ripeteva che «andrà tutto bene». Abbiamo affrontato una situazione difficilissima con la stessa superficialità con cui si affronta la vita di ogni giorno, quella economica, quella politica, quella sociale.
Fermiamoci, pensiamo, leggiamo con attenzione la vicenda e, siccome Dio parla attraverso la vita, chiediamoci cosa vuole insegnarci: questa è una lezione fondamentale per il nostro tempo.
Dio parla attraverso la natura; non possiamo dimenticare gli orribili fantasmi delle grandi epidemie di peste che hanno colpito l’umanità nel corso dei secoli: le immagini di Atene contagiata e disertata dagli uccelli nel racconto di Lucrezio; la peste di Costantinopoli che, secondo Procopio, aveva fatto diecimila vittime in un sol giorno; la peste di Canton, quella di Milano, di Londra e molte altre.
Cosa ci dice tutto questo? Che l’uomo è vulnerabile, non è eterno, non è onnipotente. Le illusioni dell’uomo di sempre hanno costruito un’antropologia illusoria in cui l’uomo è al centro e tutto deve rispondere a lui, che con la scienza domina il creato. Anche Dio, se vuole avere cittadinanza, deve spiegarsi e giustificarsi, altrimenti non esiste, non c’è posto per Lui. “Io non sono credente”, affermano in tanti, emarginando così Dio, perché l’uomo possa costruirsi la sua sicurezza illusoria e camminare finché non arriva una pandemia che mette in crisi tutto. “Il Covid 19 è soprattutto un incredibile insulto alle fantasie di onnipotenza delle cosiddette civiltà avanzate… Credo sia molto difficile accettare di non avere certezze assolute, che sia un’umiliazione per il mondo degli esperti e della politica il fatto di non avere pienamente sotto controllo il virus” afferma il teologo austriaco Kurt Appel. Come non condividere questa sua lettura dei fatti?
La Quaresima che si avvicina, la seconda della pandemia, è un’occasione per rientrare in noi stessi, riscoprire la nostra identità e prendere coscienza della vera antropologia: “Chi è l’uomo perché te ne ricordi? Lo hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato…” si chiede la Parola di Dio (Salmo 8). E risponde la fede della Chiesa, che si esprime con parole di un realismo sconvolgente: l’uomo è un “esule, figlio di Eva, gemente e piangente in questa valle di lacrime”. Bisogna scavare molto per ritrovare questa verità tanto è soverchiata e coperta dalle illusioni di onnipotenza. Esuli, gementi e piangenti. Ecco l’uomo! La pandemia ci richiama alla realtà: siamo poveri, ma non di quella povertà che fa parte della casistica devota, piangenti, ma non perché depressi e stressati, ma perché la strada del deserto è difficile e abbiamo bisogno di Dio e dei fratelli.
La virtù principale del cristiano è la Carità, ma la fondamentale è l’umiltà, cioè la verità, che è la base per poter avere un reale rapporto con Dio, con noi stessi e con gli altri. Gesù ha voluto sperimentare fino in fondo la verità di essere uomo esule, gemente e piangente e lo ha fatto accettando “volontariamente” la Croce, che è la strada che rivela il sottofondo di tutta la nostra vita, la colonna sonora che ci accompagna per tutto il viaggio nel nostro deserto. Ciò che non è segnato dalla croce non è cristiano. Nella vita è inevitabile un reale confronto con la Croce, non la croce vuota che ci attende, e neppure lo strumento del supplizio più atroce degli schiavi romani, ma la Croce di Gesù, la Sua Croce, la Croce portata da Lui e con Lui sopra.
Durante questa Quaresima vi proporrò settimanalmente due “statio” di quella Via Crucis su cui hanno pregato e si sono confrontati milioni di seguaci di Cristo. Faremo della Quaresima della pandemia una vera Via Crucis, per imparare da Gesù chi è l’uomo, come deve vivere e come deve accettare anche le pandemie, che caratterizzano il nostro pellegrinaggio di esiliati in questa valle di lacrime.
Ci sentiremo tre volte alla settimana: per la spiegazione del vangelo domenicale e per il cammino della Croce insieme a Gesù.