Giunti vicino alla meta, Gesù cede una terza volta sotto il peso della Croce che poi riprende e porta fino alla fine. Gesù abbraccia la Croce volontariamente dopo che ne ha sperimentato tutta la fatica. La Croce è Sua e la porta tutta da sé. La Croce è di Gesù.
Solo quando avremo davvero compreso che la Croce, ogni croce è la Croce di Gesù avremmo gli stessi sentimenti di Paolo: “Per me non ci sia altro vanto che nella Croce del Signore Nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo è stato crocifisso per me e io per il mondo” (Gal 6,14).
Naturalmente mentre portiamo la Croce, anche con la convinzione che è del Signore e con essa partecipiamo alla salvezza del mondo “portiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa nostra potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati, ma non schiacciati, siamo sconvolti, ma non disperati, perseguitati, ma non abbandonati, colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale” (2Cor 4, 7-11).
Siamo arrivati all’ultima lezione della pedagogia della Croce: l’esaltazione della Santa Croce. Misteriosamente i santi lo hanno espresso: “Tanto è il bene che mi aspetta che ogni Croce mi diletta”.
Non soltanto riconoscere che la nostra Croce è di Gesù, che quindi la portiamo volentieri, ma i santi sono perfino arrivati a desiderarla. A noi basta ringraziare anche per le Croci della nostra vita, rialzarci quando ci cadiamo sotto e “per me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore Nostro Gesù Cristo”.